26 de mayo de 2007

GIORNATA III, NOVELLA I

Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano d'un monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui.

-Bellisime donne, assai sono di quegli uomini e di quelle femine che sí sono stolti, che credono troppo bene che, come a una giovane è sopra il capo posta la benda bianca e indosso messole la nera cocolla, che ella piú non sia femina né piú senta de' feminili appetiti se non come se di pietra l'avesse fatta divenire il farla monaca: e se forse alcuna cosa contra questa lor credenza n'odono, cosí si turbano come se contra natura un grandissimo e scelerato male fosse stato commesso, non pensando né volendo avere rispetto a se medesimi, li quali la piena licenzia di potere far quello che vogliono no può saziare, né ancora alle gran forze dell'ozio e della sollecitudine. E similmente sono ancora di quegli assai che credono troppo bene che la zappa e la vanga e le grosse vivande e i disagi tolgano del tutto a' lavoratori della terra i concupiscibili appetiti e rendon loro d'intelletto e d'avedimento grossissimi. Ma quanto tutti coloro che cosí credono sieno ingannati, mi piace, poi che la reina comandato me l'ha, non uscendo della proposta fattaci da lei, di farvene piú chiare con una piccola novelletta.

In queste nostre contrade fu e è ancora un munistero di donne assai famoso di santità (il quale io non nomerò per non diminuire in parte alcuna la fama sua) nel quale, non ha gran tempo, non essendovi allora piú che otto donne con una badessa, e tutte giovani, era un buono omicciuolo d'un loro bellissimo giardino ortolano: il quale, non contentandosi del salario, fatta la ragion sua col castaldo delle donne, a Lamporecchio, là onde egli era, se ne tornò. Quivi tra gli altri che lietamente il raccolsono fu un giovane lavoratore forte e robusto e secondo uomo di villa con bella persona, il cui nome era Masetto; e domandollo dove tanto tempo stato fosse.

Il buono uomo, che Nuto aveva nome, gliele disse; il qual Masetto domandò di che egli il monistero servisse.

A cui Nuto rispose: "Io lavorava un lor giardino bello e grande e oltre a questo andava alcuna volta al bosco per le legne, attigneva acqua e faceva cotali altri servigetti; ma le donne mi davano sí poco salario, che io non ne poteva appena pur pagare i calzari. E oltre a questo, elle son tutte giovane e parmi ch'ell'abbiano il diavolo in corpo, ché non si può far cosa niuna a lor modo. Anzi, quand'io lavorava alcuna volta l'orto, l'una diceva: 'Pon qui quest', e l'altra: 'Pon qui quello', e l'altra mi togleva la zappa di mano e dicea: 'Questo non sta bene', e davanmi tanta seccaggine, che io lasciava stare il lavorio e uscivami dell'orto: sí che, tra per l'una cosa e per l'altra, io non vi volli star piú e sommene venuto. Anzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni, che, se io n'avessi alcuno alle mani che fosse da ciò, che io gliele mandassi, e io gliele promisi: ma tanto il faccia Idio san delle reni, quanto io o ne procaccerò o ne gli manderò niuno".

A Masetto, udendo egli le parole di Nuto, venne nell'animo un desidero sí grande d'esser con queste monache, che tutto se ne struggeva, comprendendo per le parole di Nuto che a lui dovrebbe potere venir fatto di quello che egli disiderava; e avvisandosi che fatto non gli verrebbe se a Nuto ne dicesse niente, gli disse: "Deh, come ben facesti a venirtene! Che è uno umo a star con femine? Egli sarebbe meglio star con diavoli: elle non sanno delle sette volte le sei quallo che elle si vogliono elleno stasse".

Ma oi, partito il loro ragionare, cominciò Masetto a pensare che via dovesse tenere a dovere potere esser con loro; e conoscendo che egli sapeva ben fare quegli servigi che Nuto diceve, non dubitò di perder per quello, ma temette di non dovervi essere ricevuto per ciò che troppo era giovane e appariscente. Per che, molte cose divisate seco, imaginò: "Il luogo è assai lontano di qui e niuno mi vi conosce; se io so far vista d'esser mutolo, per certo io vi sarò ricevuto".

E in questa imaginazion fermatosi, con una sua scure in collo, senza dire a alcuno dove s'andasse, in guisa d'un povero uomo se n'andò al monistero: dove pervenuto entrò dentro e trovò per ventura il castaldo nella corte, al quale, faccendo suoi atti come i mutoli fanno, mostrò di domandargli mangiare per l'amor di Dio e che egli, se bisognasse, gli spezzerebbe delle legne. Il castaldo gli diè da mangiar volentieri, e appresso questo gli mise innanzi certi ceppi che Nuto non aveva potuti spezzare, li quali costui, che fortissimo era, in poca d'ora ebbe tutti spezzati. Il castaldo, che bisogno avea d'andare al bosco, il menò seco e quivi gli fece tagliar delle legne: poscia, messogli l'asino innanzi, con suoi cenni gli fece intendere che a casa ne le recasse. Costui il fece molto bene, per che il castaldo a far fare certe bisogne che gli eran luogo piú giorni vel tenne: de' queli avvenne che uno la badessa il vide e domandò il castaldo chi egli fosse.

Il quale le disse: "Madonna, questi è un povero uomo mutolo e sordo, il quale un di questi dí ci venne per limosina, sí che io gli ho fatto bene e hogli fatte fare assai cose che bisogno c'erano. Se egli sapesse lavorare l'orto e volesseci rimanere, io mi creo che noi n'avremmo buon servigio, per ciò che egli ci bisogna, e egli è forte e potrebbene l'uomo fare ciò che volesse: e oltre a questo non vi bisognerebbe d'aver pensiero che egli motteggiasse queste vostre giovani".

A cui la badessa disse: "In fé di Dio tu di' il vero! sappi se egli sa lavorare e ingegnati di ritenercelo: dagli qualche paio di scarpette, qualche cappuccio vecchio, e lusingalo, fagli vezzi, dagli ben da mangiare".

Il castaldo disse di farlo. Masetto non era guari lontano, ma faccendo vista di spazzar la corte tutte queste parole udiva e seco lieto diceva: "Se voi mi mettete costà entro, io vi lavorerò sí l'orto, che mai non vi fu cosí lavorato".

Ora, avendo il castaldo veduto che egli ottimamente sapeva lavorare e con cenni domandatolo se egli voleva star quivi e costui con cenni rispostogli che far volea ciò che egli volesse, avendolo ricevuto, gl'impose che egli l'orto lavorasse e mostrogli quello che a fare avesse; poi andò per altre bisogne del monistero e lui lasciò. Il quale lavorando l'un dí appresso l'altro, le monache incominciarono a dargli noia e a metterlo in novelle, come spesse volte avviene che altri fa de' mutoli, a dicevangli le piú scellerate parole del mondo, non credendo da lui essere intese; e la badessa, che forse stimava che egli cosí senza coda come senza favella fosse, di ciò poco o niente si curava.

Or pure avvenne che, costui un dí avendo lavorato molto e riposandosi, due giovinette monache, che per lo giardino andavano, s'appressarono là dove egli era e lui che sembiante facea di dormire cominciarono a riguardare; per che l'una, che alquanto era piú baldanzosa, disse all'altra: "Se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto piú volte, il quale forse anche a te potrebbe giovare".




L'altra rispose:"Dí sicuramente, ché per certo io nol dirò mai a persona".

Allora la baldanzosa incominciò:"Io non so se tu t'hai posto mente come noi siamo tenute strette, né che mai qua entro uomo alcuno osa entrare se non il castaldo ch'è vecchio e questo mutolo; e io ho piú volte a piú donne che a noi son venute udito dire che tute l'altre dolcezze del mondo sono una beffa a rispetto di quella quando la femina usa con l'uomo. Per che io m'ho piú volte messo in animo, poi che con altrui non posso, di volere con questo mutolo provare se cosé è; e egli è il miglior del mondo da ciò costui, ché, perché egli pur volesse, egli nol potrebbe né saprebbe ridire: tu vedi che egli è un cotal giovanaccio sciocco, cresciuto innanzi al senno. Volentieri udirei quello che a te ne pare".

"Oimè!" disse l'altra "que è quel che tu di'? non sai tu che noi abbiamo promessa la verginità nostra a Dio?"

"Oh" disse colei "quante cose gli si promettono tuto il dí, che non se ne gli attiene niuna! se noi gliele abbiam promessa, truovisi un'altra o dell'altre che gliele attengano".

A cui la compagna disse: "O se noi ingravidassimo, come andrebbe il fatto?"

Quella allora disse:"Tu cominci a aver pensiero del mal prima che egli ti venga: quando cotesto avvenisse, allora si vorra pensare; egli ci avrà mille modi da fare sí che mai non si saprà, pur che noi medesime nol diciamo".

Costei, udendo ciò, avendo già maggior voglia che l'altra di provare che bestia fosse l'uomo, disse: "Or bene, come faremo?"

A cui colei rispose: "Tu vedi che egli è in su la nona: io mi credo che le suore sieno tute a dormire, se non noi; guatiamo per l'orto se persona ci è, e s'egli non c'è persona, che abbian noi a far se non a pigliarlo per mano e menarlo in questo capannetto, là dove egli fugge l'acqua, e quivi l'una si stea dentro con lui e l'altra faccia la guardia? Egli è sí sciocco, che egli s'acconcerà comunque noi vorremo".

Masetto udiva tuto questo ragionamento, e disposto a ubidire niuna cosa aspettava se non l'esser preso dall'una di loro. Queste, guardato ben per tutto a veggendo che da niuna parte potevano esser vedute, appressandosi quella, che mosse avea le parole, a Masetto, lui destò, e egli incontanente si levò in piè; per che costei con atti lusinghevoli presolo per la mano, a egli faccendo cotali risa sciocche, il menò nel capannetto, dove Masetto senza farsi troppo invitare quel fece che ella volle. La quale, sí come leale compagna, avuto quel che volea, diede all'altra luogo, e Masetto, pur mostrandosi semplice, faceva il lor volere; per che, avanti che quindi si dipartissono, da una volta in sú ciascuna provar volle come il mutolo sapeva cavalcare: e poi, seco spesse volte ragionando, dicevano che bene era cosí dolce cosa, e piú, come udito aveano: e prendendo a convenevoli ore tempo, col mutolo s'andavano a trastullare.

Avvenne un giorno che una lor compagna, da una finestretta della sua cella di questo fatto avvedutasi, a due altre il mostrò; e prima tennero ragionamento insieme di doverle accusare alla badessa, poi, mutato consiglio e con loro accordatesi, partefici divennero del poder di Masetto: alle quali l'altre tre per diversi accidenti divenner compagne in varii tempi. Ultimamente la badessa, che ancora di queste cose non s'accorgea, andando un dí tuta sola per lo giardino, essendo il caldo grande, trovò Masetto, il quale di poca fatica il dí per lo troppo cavalcar della notte aveva assai, tutto disteso all'ombra d'un mandorlo dormirsi; e avendogli il vento i panni dinanzi levati indietro, tutto stava scoperto. La qual cosa riguardando la donna, e sola vedendosi, in quello medesimo appetito cadde che cadute erano le sue monacelle; e destato Masetto seco nella sua camera nel menò, dove parecchi giorni, con gran querimonia dalle monache fatta che l'ortolano non venia a lavorar l'orto, il tenne, provando e riprovando quella dolcezza la quale essa prima all'altre solea biasimare.

Ultimamente della sua camera alla stanzia di lui rimandatolone e molto spesso rivolendolo e oltre a ciò piú che parte volendo da lui, non potendo Masetto sodisfare a tante, s'avisò che il suo esser mutolo gli potrebbe, se piú stesse, in troppo gran danno resultare; e per ciò una notte, con la badessa essendo, rotto lo scilinguagnolo cominciò a dire: ":Madonna, io ho inteso che un gallo basta assai bene a diece galline, ma che diece uomini posson male o con fatica una femina sodisfare, dove a me ne convien servir nove; al che per cosa del mondo io non potrei durare, anzi sono io, per quello che infino a qui ho fatto, a tal venuto che io non posso fare né poco né molto; e per ciò o voi mi lasciate andar con Dio o voi a questa coasa trovate modo".

La donna, udendo costui parlare il quale ella teneva mutolo, tutta stordí e disse: "Che è questo? Io credeva che tu fossi mutolo".

"Madonna," disse Masetto "io era ben cosí ma non per natura, anzi per una infermità che la favella mi tolse, e solamente da prima questa notte la mi sento essere restituita, di che io lodo Idio quant'io posso".

La donna sel credette e domandollo che volesse dir ciò che egli a nove aveva a servire. Masetto le disse il fatto; il che la badessa udendo, s'accorse che monaca non avea che molto piú savio non fosse di lei: per che, come ciscreta, senza lasciar Masetto partire, dispose di voler con le sue monache trovar modo a questi fatti, acciò che da Masetto non fosse il monistero vituperato. E essendo di quei dí morto il lor castaldo, di pari consentimento, apertosi tra tute ciò che per adietro da tutte era stato fatto, con piacer di Masetto ordinarono che le genti circunstanti credettero che, per le loro orazioni e per li meriti del santo in cui intitolato era il monistero, a Masetto stato lungamente mutolo la favella fosse restituita; e lui castaldo fecero e per sí fatta maniera le sue fatiche partirno, che egli le poté comportare. Nelle quali, come che esso assai monachin generasse, pur sí discretamente procedette la cosa, che niente se ne sentí se non dopo la morte della badessa, essendo già Masetto presso che vecchio e disideroso di tornarsi ricco a casa sua; la qual cosa, saputa, di leggier gli fece venir fatto.

Cosí adunque Masetto vecchio, padre e ricco, senza aver fatica di nutricare i figliuoli o spesa di quegli, per lo suo avvedimento avendo saputo la sua giovanezza bene adoperare, donde con una scure in collo partito s'era se ne tornò, affermando che cosí trattava Cristo chi gli poneva le corna sopra'l cappello.

5 comentarios:

flor de un día dijo...

TERCERA JORNADA NARRACIÓN PRIMERA

Masetto de Laporecchio, fingiéndose mudo, se hace hortelano de un convento de monjas que porfían por acostarse con él.

- Muchos, bellísimas amigas, son los hombres y mujeres necios que se imaginan que, por ponerle encima a una joven una toca blanca y una vestidura negra, ha dejado de ser mujer y de sentir femeniles apetitos, como si de piedra la hicieren al hacerla monja. Y si oyen algo contra esa su creencia, se turban como si algún grande y avieso mal se hubiere cometido contra la naturaleza, no pensando ni queriendo pensar en ellos mismos, que tienen licencia plena de hacer hasta saciarse lo que quieren, ni meditando en la mucha fuerza del ocio y la soledad. Y también muchos de ésos imaginan que la pala y el azadón, y las viandas toscas, y las fatigas, quitan del todo a los trabajadores de la tierra los apetitos concupiscentes y les hacen de inteligencia y agudeza muy romos. Y el que se engañan mucho los que así piensan, quiero esclareceros contándoos, según me ha ordenado la reina, una narracioncita.
Existía y aún existe en nuestro país un monasterio de monjas bastante afamado por su santidad, el cual no nombraré por no disminuir esa fama. En el cual, no ha mucho tiempo, habitaban allí ocho mujeres con una abadesa, todas jóvenes, y tenían un pobre hombre que de un su bellísimo jardín era hortelano. Y él, no satisfecho de su salario, pidió la cuenta a las mujeres y volvióse a Lamporecchio, de donde era oriundo. Entre los demás que con contento le acogieron, había un joven labrador, fuerte y robusto y de apariencia buena como de persona de villa. Llamábase Masetto, y preguntó al recién llegado dónde había estado tanto tiempo. El hombre, que se llamaba Nuto, se lo dijo, y Masetto le interrogó en qué servía en el monasterio.
A lo que Nuto respondió:
- Yo trabajaba en un jardín bello y grande, y además iba a veces a buscar leña al bosque, y traía agua y prestaba servicios análogos, pero me daban tan poco salario que apenas me alcanzaba ni para calzas. Además, todas las monjas son jóvenes y parece que tienen el diablo en el cuerpo, de manera que nada se hace a su gusto, sino que, cuando yo trabajaba en el huerto, una me decía: "Pon aquí ésto", y la otra: "Pon aquí aquello", y otra, quitándome la azada, me decía: "Eso no está bien", y dábame tanto enojo, que yo, dejando el trabajo, salíame del huerto; así que, entre una cosa y otra, no quise seguir allí más y me vine. Su administrador, cuando me marché, me rogó que si alguien del oficio conocía, se lo enviase, y se lo prometí; pero así le haga Dios tan sano de los riñones como pienso mandarle a nadie.
Oyendo Masetto las palabras de Nuto, sintió vivo deseo de estar con aquellas monjas, suponiendo que él podría cumplir allí sus deseos. Y, presumiendo que ello no ocurriría si decía algo a Nuto, le dijo:
- Bien has hecho en venir. ¿Qué hace un hombre entre mujeres? Mejor estaría con diablos, porque ellas, seis veces de cada siete, ni lo que quieren saben.
Y, acabados estos razonamientos, empezó Masetto a pensar cómo debía presentarse a ellas. Entendía el oficio de que Nuto le habló, pero temió que no le recibieran al verle demasiado mozo y bien parecido. Y, figurándose entre sí muchas cosas, imaginó: "El lugar es harto lejano de aquí y nadie me conoce. Si finjo ser mudo, de fijo me recibirán." Y, aferrándose a esta imaginación, echóse la segur al hombre y, sin decir a nadie dónde iba, a guisa de pobre hombre entró en el convento, en el cual, al llegar, casualmente halló al administrador en el patio y, por señas, cual mudo, pidióle de comer por amor de Dios y ofrecióle, si quería, partir leña. El otro diole de comer de buen grado y le puso ante unos troncos que Nuto no había podido partir, pero que el joven, que muy robusto era, en pocas horas cortó. El mayordomo, que necesitaba ir al bosque, le llevó consigo y, luego de hacerle cortar más leña, le puso el asno delante y por signos le indicó que lo llevara al monasterio. Cumpliólo todo bien el joven, y el mayordomo, para que le sirviese en algunas cosas que le eran precisas, le tuvo consigo más días. Y, viéndole una vez la abadesa, preguntó quién era, y el otro repuso:
- Un pobre sordomudo, señora, que vino a pedir limosna y a quien he encargado algunas cosas que nos eran necesarias. Si supiese trabajar el huerto y quisiera quedarse, creo que nos prestaría buenos servicios, porque anda necesitado, y es fuerte, y podría hacer lo que quisiera. Y, además, no existiría peligro de que platicase con vuestras jóvenes.
A lo que dijo la abadesa:
- A fe de Dios que hablas en verdad. Mira si sabe labrar e ingéniate para retenerle. Regálale un par de zapatos y algún vestido viejo, halágale y dale bien de comer.
El hombre prometió hacerlo. Masetto, que estaba barriendo el patio, lo oyó todo y díjose, contento: "Si aquí me ponéis, yo os labraré el huerto como no os lo habrán labrado nunca."
Viendo el administrador que el mozo labraba óptimamente, por señas le preguntó si quería quedarse allí. Y con señas respondióle Masetto que haría lo que a él le pluguiese, y el hombre, aceptándolo, le impuso la tarea de cuidar el huerto y le mostró sus otras obligaciones, y luego, yendo a otras faenas del monasterio, le dejó.Y, trabajando un día tras otro, comenzaron las monjas a molestarle e importunarle y, como a menudo pasa con los mudos, le decían, no creyendo ser atendidas, las más injuriosas palabras imaginables. De lo cual la abadesa se curaba poco o nada, creyéndolo privado de oído como de habla. Y una vez que él había trabajado mucho y descansaba, dos monjas jovenzuelas que andaban por el jardín llegáronse a donde estaba y, creyéndole dormido, le miraron. Una, que era más atrevida, dijo a la otra:
- Si pensase que callabas, te diría un pensamiento que muchas veces se me ha ocurrido y del que tú también podrías aprovecharte.
La otra respondió:
- Habla, que nada diré a nadie.
Y la arrojada comenzó:
- No sé si habrás parado mientes en lo estrictamente que vivimos, y en que aquí ningún hombre osa entrar, salvo el mayordomo, por viejo, y éste por mudo. Y yo muchas veces a mujeres que nos han visitado les he oído decir que todas las dulzuras del mundo son una burla por comparación a la que siente la mujer con el hombre. Por lo que muchas veces he determinado que, si con otros no puedo, con este mudo me he de ensayar, y más que es para el caso el mejor del mundo, puesto que nada puede ni sabría decir. Ya ves que es un mozallón estúpido, más crecido que sensato. Con gusto oiré tu parecer.
- ¡Oh, lo que dices! -exclamó la otra-. ¿No sabes que hemos prometido a Dios nuestra virginidad?
- ¡Oh -dijo la primera-, cuántas cosas que no se cumplen se le prometen todos los días! Si le hemos eso prometido, busca otra u otras que lo cumplan.
La compañera le dijo:
- ¿Y si quedásemos embarazadas?
Su amiga alegó:
- Ya estás pensando en el mal antes de que llegue. Cuando se produzca, se podrá pensar. Mil modos habrá de arreglarse sin que nada se sepa, siempre que nosotras no lo digamos.
La otra, al oír esto, tuvo aún más ganas que la primera de probar qué animal es el hombre, y dijo:
- ¿Y qué haremos?
La otra respondió:
- Ya ves que es sobre la nona. Creo que todas las monjas duermen menos nosotras. Miremos si hay alguien en el huerto y, si no, ¿qué otra cosa tenemos que hacer sino echar mano a éste y llevarlo a esa cabaña junto al manantial? Una puede estar con él y la otra estar al cuidado. Y como él es necio se plegará a lo que queramos.
Massetto oía este razonamiento y, presto a obedecer, no esperaba sino que le tomase una de ellas. Y habiendo las dos examinádolo todo y comprobado que de nadie podían ser vistas, la que había propuesto el lance, fue a Masetto y le despertó y él incorporóse y ella, con obras lisonjeras, le tomó la mano, y mientras él reía neciamente, llevóle a la cabaña, donde Masetto, sin hacerse rogar mucho, accedió a lo que ella quería. Y la monja, como leal compañera, una vez satisfecha, llamó a la otra y también Massetto se plegó a lo que ella quiso, sin dejar de mostrarse un entero simple. Y así, antes de partirse, otra vez cada una quisieron saber cómo el mudo cabalgaba, y luego, departiendo entre sí, decíanse que aquello eran tan dulce y más que lo que se hablaba. Y desde entonces, escogiendo horas adecuadas, iban a retozar con el mudo.
Ocurrió que, un día, una compañera suya las vio desde la ventanilla de su celda y se las mostró a dos compañeras más. Tuvieron ante todo razonamientos encaminados a acusarlas ante la abadesa, pero luego, cambiando de opinión, de consenso empezaron a participar también de Masetto, al cual, por diversos accidentes, las otras tres también hicieron compañía en varios casos. Últimamente, la abadesa, que aún no reparaba en estas cosas, andando un día de gran calor sola por el jardín, encontró a Masetto, el cual, durante el día, por la fatiga del mucho cabalgar por la noche, se había tendido a dormir a la sombra de un árbol. Y habiéndole el viento alzado las ropas, hallábase todo él descubierto. Lo que, mirándolo la mujer y hallándose sola, hízola caer en igual apetito que sus monjitas y, despertando a Masetto, se lo llevó a su cámara, donde le tuvo varios días, con gran desolación de las monjas al ver que su hortelano no salía a labrarles el huerto. Y la abadesa probó y reprobó aquella dulzura que usualmente ante las otras solía censurar. En fin, mandóle a su aposento y buscóle otras veces, y como las demás le buscaban también, no pudiendo el hombre satisfacer a tantas, pensó que el seguir siendo mudo podría irrogarle gran daño, y una noche, estando con la abadesa, al separarse de ella, comenzó a decir:
- He oído, señora, que un gallo se basta para diez gallinas, pero que ni aun diez hombres se bastan para satisfacer a una mujer, de suerte que a mí me conviene servir a nueve. Por nada del mundo podría perseverar en ello, y aun con lo hecho, he venido a tal extremo, que ya no puedo hacer ni poco ni mucho, por lo que, o me dejáis ir con Dios, o buscáis remedio a este caso.
La mujer, oyendo hablar al que tenía por mudo, pasmóse y dijo:
- ¿Cómo es esto? Te creía mudo.
- Señora -dijo Masetto-, lo era, pero no por naturaleza, sino por una enfermedad que me privó del habla, la cual solamente desde esta noche me ha sido restituida, por lo que alabo a Dios en cuanto puedo.
Creyólo la mujer y le preguntó qué significaba aquello de haber de servir a nueve mujeres. Lo contó todo Masetto, y la abadesa, advirtiendo que no había monja que no fuera más experta que ella, como discreta, aunque sin dejar partir a Masetto, convino buscar remedio al mal con sus monjas, para que por Masetto no fuese el monasterio vituperado. Y como en aquellos días había muerto el administrador, ellas, de común acuerdo, y revelándose entre sí lo hasta entonces hecho a escondidas, convinieron, con placer de Masetto, en hacer creer a las gentes del contorno que sus oraciones y los méritos del santo bajo cuya advocación estaba el monasterio habían restituido a Masetto el habla tan largamente perdida; y le hicieron administrador, y tan hábilmente se distribuyeron entre todas las fatigas del hombre, que él pudo fácilmente soportarlas. Y entre ellas, aunque bastantes monjitos el buen hombre generase, tan diestramente se llevó la cosa que nada se supo hasta después de la muerte de la abadesa. Siendo ya Masetto viejo, padre y rico, sin el trabajo de nutrir a sus hijos y costear sus gastos, habiendo con su agudeza sabido manejarse bien en la mocedad, volvió al sitio de donde había salido con la segur al hombro, afirmando que así trataba Cristo a quien le ponía cuernos en la cabeza.

Mendiño dijo...

Maaaadre mía.

Menos mal que has puesto un capítulo (jornada) del Decamerón, de Boccaccio. A poco, nos calzas la Divina Comedia entera, en VOS.

JOAS JOAS JOAS

Y el mármol, también lo he reconocido: es el Fauno Barnerini (pertenece a esa colección). Es una copia romana sobre un original griego en bronce (ésto ya lo he buscado en la red).

Recuerdo que la primera vez que leí el Decamerón, fue para aliviar el viaje de Madriz a Galicia en el autocar. Cuando acabé ese cuento en concreto lo dejé por que tenía una pedazo de erección.

SEMEN RETENTIBUS, VENENUS EST.

Raíña Loba dijo...

No, si yo me acuerdo bien que habías leído el Decamerón en ese viaje, era la que te esperaba en la estación a las tantas de la madrugada :)
Pobre colchón!! y pobrecitos cuerpos nuestros!! ;)

Después me lo dejaste leer a mí. Me encantó.

Es muy sensual la imagen.

flor de un día dijo...

Jeje...! Me lo creo, mendiguito, me lo creo... No sabía qué cuento meter, pero sabía que alguno tenía que caer. Éste fue el que me leí primero, por casualidad, en una antología de cuentos. Y quizás es el que más me gusta (ya lo sabes). Tanto me gustó, que no tardé en pillarme el libro entero!

La escultura prefería poner la copia porque tiene el brazo y la mano. Es que ese brazo... Y esa mano...

Pos eso, yo tampoco he podido retener... me...

;p

Mendiño dijo...

Madre mía, cómo estamos.

La primavera...